«… o come col canto e con potentissime erbe una Nàiade mutava corpi di giovani in pesci silenziosi, finché non subì essa stessa la medesima sorte»
Ovidio, Metamorfosi, IV, vv. 49-51
1. Metamorfosi allo speed date
Quando il tipetto basso e sudaticcio registrato con il numero 23 gridò (vagamente schifato): «Ehi, dov’è finita la mia partner? E da dove salta fuori questo pesce rosso?», gli altri ventisei iscritti pensarono che “Pesce Rosso” fosse soltanto un nickname. Ben presto, però, dovettero ricredersi: avvicinandosi uno alla volta al tavolo 13, constatarono con i loro occhi che, intorno ai pistacchi e alla candela afrodisiaca, davvero un piccolo carassius auratus dibatteva convulsamente capo e coda.
2. La povera Sheila
Pesciolina, a dire il vero.
Alle 21:15, insieme agli altri concorrenti, aveva regolarmente pagato i 25 € di iscrizione, registrandosi con il nome “Sheila Rubini” e ottenendo in cambio il contrassegno con il numero 19.
3. Prima dimenticanza
Accidenti, che sbadato: e se voi nemmeno sapeste come funziona uno speed date?! Beh, presto detto: due potenziali amanti, dopo aver pagato la quota d’iscrizione e ricevuto un numero da mettere bene in vista, si siedono a un tavolino – numerato anch’esso – davanti a pistacchi, candela afrodisiaca e altri simili optional: per tre minuti d’orologio si guardano negli occhi, studiano i gesti, i vestiti, i reciproci tic, rivolgendosi domande di ogni tipo (e sottolineo “ogni tipo”) per conoscersi meglio – in gergo, si dice “annusarsi”. Allo scoccare dei 180 secondi, però, si salutano e, con elegante giro di valzer, approdano al successivo potenziale amante, su un altro tavolino.
4. Dallo shaker allo shopper
Fatto sta che, esaurita la sorpresa, gli iscritti erano tornati in tutta fretta alle loro postazioni: nella confusione, avevano tralasciato di bloccare i timer e aveva prevalso la paura di perdere i propri turni e la preziosa opportunità che dischiudevano – del resto il regolamento tace, su simili eventualità. Così in un batter d’occhio, su tutti i tavoli venne ristabilito l’intreccio di quei colloqui di potenziale amore: « … una persona mi ha fatto soffrire molto … adooooro Proust e Picasso … un viaggio a Sharm el Sheik … la tolleranza ai peli di gatto …»
Quanto al n. 23, più sudaticcio che mai, pure lui si era disinteressato del povero carassus fuor d’acqua, impegnato com’era a fare sentire agli organizzatori le proprie ragioni. Toccò così al barman imprigionare la povera Sheila nello shaker e trasferirla da lì in uno shopper di plastica riempito d’acqua oligominerale.
(Ricorderò per sempre il rumore che dava il suo piccolo corpo sbattendo contro le fredde pareti dello shaker, come se cercasse di dire qualcosa).

5. ADHD
La cosa più strana è che, al momento di rilasciare le dichiarazioni alle autorità, nessuno degli iscritti si ricordasse di lei – di com’era prima, intendo: il volto, i capelli, la professione, la voce con quel piccolo difetto di pronuncia …
Vi pare possibile una simile mancanza di concentrazione? Eppure, al momento della metamorfosi, Sheila aveva superato già sei turni ed era, vi assicuro, una ragazza che non passava inosservata.
6. Un’altra distrazione
Che stupido, me ne sono proprio dimenticato, ho tralasciato la prima regola del giornalismo serio: l’indicazione di tempo e spazio. In effetti sono ormai sempre più numerosi, in città, i locali alla moda che ospitano simili eventi di speed dating: dunque, come potreste sapere precisamente di quale sto parlando? Beh, nulla più che una distrazione – succede anche ai migliori – e dunque rimedio subito.
Innanzitutto …
O forse qualcuno è rimasto troppo impressionato dalla vicenda?
7. Sul pericoloso diffondersi della SdPRaSD
Il problema è che la “Sindrome del Pesce Rosso allo Speed Date” (SdPRaSD) è ancora poco nota in Europa. In un locale di Boston, puta caso, tutti avrebbero saputo come comportarsi. Pensate che, laggiù, la Legge impone la presenza di acquari appositamente attrezzati in qualsiasi locale ospiti un evento di speed dating. E allora mi dico: caspita, che organizzazione! Come tutto gira alla perfezione, laggiù. Esistono addirittura cliniche specializzate, pensate, che «per la modica cifra di 6000 dollari» offrono la speranza di una guarigione a quella terribile sindrome che, ahimé, va diffondendosi a macchia d’olio. Non ci credete? Beh, basta surfare un po’ su internet – tuffarsi nel sito, per esempio, del Shambala Mountain Center.
(Certo, tutto sta nel potersi permettere una buona assicurazione – quello risolve sempre, si sa).
8. Non è facile essere un carassius
Già, perché non è mica una cosa da niente, credetemi, andare in un locale alla moda per conoscere gente giusta e ritrovarsi invece allo scadere del tempo concesso (tre minuti, rigorosamente) ….
Ma cosa stavo dicendo?
Ah sì, certo, cazzo, andare a uno speed date e ritrovarsi trasformati in un carassius auratus! Forse non lo sapete, ma il pesce rosso va considerato uno degli animali più maltrattati al mondo. O almeno in Occidente … E lo sapete perché? No, eh? Per il semplice fatto di essere una specie così resistente – di sopravvivere cioè in condizioni estreme che ucciderebbero in pochi giorni qualunque altro pesce d’acquario. Quanti pesci rossi vengono abbandonati nelle fontane di parchi e piazze solo perché, dai 5 cm iniziali, assumono poi proporzioni gigantesche? Quanti, nelle mattine invernali, sono ritrovati a dibattersi in stagni semi-ghiacciati perché nelle istruzioni per l’uso è scritto: “non serve un acquario riscaldato”? Quanti, infine, sono condannati a ulcere e dropsicismo solo perché si adattano a mangiare di tutto e assai voracemente? O drosipism…? O dopicism…? Va beh, cazzo: quel problema lì. Per non parlare della boccia di vetro da un euro in cui pare che solo loro sappiano sopravvivere e … No, no, credetemi: non è facile per niente.
Già …
Ma di che si stava parlando?
Ah già, maledizione: quella sfigata di Sheila!
9. The winner is
Anzi! Considerata la disorganizzazione in cui sprofonda sempre più la Città, non è esagerato dire che Sheila deve la vita solo a una coincidenza – intendo la vita da carassius che le rimane.
Quella sera, totalizzando ben sei numeri di cellulare, il vincitore fu un affascinante psicologo statunitense con studio in via Ripetta. Calato il sipario sugli incontri, fu proprio lui a prendere, ehm, in mano il caso della povera Sheila: uscendosene dal locale come un bimbo da una pesca di beneficenza in qualche fiera.
E se c’è una cosa che proprio non scorderò mai, signori, è lo sguardo che Sheila gli rivolse mentre lui, con amorevole cura, la travasava nell’acquario (perfettamente a norma) della sua abitazione-studio in via Ripetta.
Era come se, con tutte le sue forze, desiderasse dirgli qualcosa con quello sguardo, ma non potesse.
10. La vita e gli amori in 3 minuti netti
Ma dove ho la testa!? Ancora non vi ho detto la cosa fondamentale: e cioè che, secondo alcuni studiosi, la SdPSaSD sarebbe solo lo stadio iniziale di un’epidemia mondiale.
Neurologi, psicologi, sociologici … aumenta il numero di quanti individuano nei tre minuti la soglia massima di attenzione dell’homo technologicus, perennemente distratto da continui imput di cellulari, computer, tablet, videogiochi, news dal villaggio globale: «Siamo di fronte a una svolta antropologica di dimensioni epocali», sentenziano corrugando le sopracciglia. E dunque tutto dovrà essere ripensato in funzione di questa nuova ritmica intellettuale e sentimentale; tutto riformattato al valore dell’”usabilità” – l’arte di sfruttare al meglio, in 3 soli minuti, quel che la tecnologia di volta in volta ci offrirà.
Adesso è chiaro, no? (O dimentico qualcosa?)
Su questo fertile terreno s’innesterebbe allora l’SdPRaSD, da intendersi come un esito specifico nella sfera sentimentale che …
Che poi, a ben pensarci, si tratta di concetti molto vicini a quelli della “società liquida” teorizzata da quel famoso sociologo polacco, ma si come si chiamava?, Bau … Bau … Bau… cazzo! Ma sì, quello che ha anche scritto, se non ricordo male, un libro intitolato Amore liquido, appunto, o qualcosa di simile – quel geniale trattato sui nostri sentimenti fragili, plasmabili, non durevoli … Bau … Bau …
Accidenti!, ma adesso che succede?! Sheila è schizzata fuori dal pelo dell’acquario e s’agita e guizza in aria, come se avesse qualcosa di terribilmente urgente da dirci.
11. Boccheggiamenti
«Non mi bastava. Non mi bastava più. Era per via della mia natura pre-tecnologica, credo, ma ho fatto di tutto per adeguarmi, lo giuro, per essere liquida anch’io. Ogni volta che stavo con lui, però (qualsiasi lui egli fosse) ogni volta lo scoccare degli ultimi secondi del terzo minuto mi mandava in bestia: non potevo rassegnarmi che quello fosse il limite massimo dell’amore concesso (e non parlo solo di sesso).
Oh sì, deve essere andata così, deve essere per questo che è successo … Quando il n. 23, al fatidico avvicinarsi del centosettantanovesimo secondo, ha passato lo sguardo dalle mie labbra all’iscritta succesiva, facendomi inabissare così nel nulla della sua disattenzione, non so, ho sentito qualcosa dentro che si spezzava: “io non ce la faccio più”; e senza capire cosa succedesse, mi sono ritrovata in questo corpo freddo e squamoso, a sbattere testa e coda sulla superficie fredda del tavolino.
Dite che è grave?
Forse però adesso, chissà, forse in questo nuovo corpo le cose andranno meglio: forse ci riuscirò finalmente, ad essere più liquida anch’io. Una cosa so per certo: come era prima non mi bastava, non poteva bastarmi più»
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