Bagno notturno a Perama Beach

Altre pagine indimenticabili di La mia famiglia e altri animali di Gerald Durrell raccontano le coste e le acque da sogno di Corfù com’era nel 1935.
Uno degli episodi più belli è senza dubbio il bagno notturno in quella che dovrebbe essere la baia di Perama, non lontano dalla “villa color rosa-fragola” in cui abitava la famiglia dello scrittore. L’autore fa lo sbaglio di allontanarsi dalla compagnia di fratelli e amici, sulla spiaggia, e mettersi a nuotare al largo, nel riflesso della luce lunare.
Lo aspetta un emozionante incontro con un “mostro” – se è vero che il nostro “cetaceo” deriva appunto dal termine greco che indicava i mostri marini.

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p. 177: «D’estate, quando c’era la luna piena, tutti noi facevamo il bagno di sera, perché durante il giorno il sole era così violento che il mare diventava troppo caldo per trovarvi refrigerio. Non appena spuntava la luna ci incamminavamo in mezzo agli alberi per raggiungere lo scricchiolante pontile di legno e poi ci arrampicavamo sul Dugongo. Con Larry e Peter a un remo, Margo e Leslie all’altro, e Roger e io a prua come vedette, scivolavamo per circa mezzo miglio lungo la costa sino a una piccola baia con un bordo di sabbia bianca e alcuni macigni ben disposti, lisci e ancora caldi di sole, che erano l’ideale per sedersi. Ancoravamo il Dugongo al largo e poi ci tuffavamo dal bordo per giocare a tirarci sotto, infrangendo il riflesso della luna sull’acqua della baia. Quando eravamo stanchi nuotavamo lentamente verso la riva e ci stendevamo sulle rocce tiepide, fissando il cielo tempestato di stelle. Dopo una mezz’ora io di solito mi annoiavo della conversazione, filavo di nuovo in acqua e mi mettevo a nuotare lentamente verso il largo, dove poi mi abbandonavo supino, cullato dal mare, fissando la luna. E una sera, proprio in queste circostanze, scoprii che non eravamo gli unici frequentatori di quella baia.
A braccia spalancate nell’acqua di raso, fissando il cielo, muovendo appena appena le mani e i piedi per tenermi a galla, contemplavo la Via Lattea stesa come una sciarpa di velo attraverso il cielo domandandomi di quante stelle fosse composta. Sentivo risonare sull’acqua le voci degli altri, che ridevano e chiacchieravano sulla spiaggia, e quando alzavo la testa le luci palpitanti delle sigarette mi rivelavano la loro posizione. Mi lasciavo portare dalla corrente, rilassato e sognante, quando tutt’a un tratto mi spaventai nel sentire, vicinissimo a me, un tonfo e un gorgoglio, seguiti da un lungo, profondo sospiro, mentre una serie di ondine mi facevano ballonzolare su e giù. Mi raddrizzai immediatamente e scalciai nell’acqua, cercando di vedere quanto mi fossi allontanato dalla spiaggia. Con mio grande sgomento mi accorsi che ero parecchio distante non solo dalla riva ma anche dal Dugongo, e non riuscivo a immaginarmi che specie di creatura stesse nuotando nelle cupe acque alle mie spalle. Mi sentivo sempre più inquieto e stavo per chiamare aiuto quando, a cinque o sei metri da me, il mare sembrò aprirsi con un frusciante gorgoglio, e un dorso lucente sbucò fuori dall’acqua, diede un profondo sospiro soddisfatto e tornò a scomparire sotto la superficie. Feci appena in tempo a riconoscere nella bestia una focena quando mi resi conto che stavo proprio in mezzo a un loro branco. Affiorarono tutt’intorno a me, sospirando rumorosamente, coi dorsi neri tutti lucenti mentre sgroppavano sotto la luna. Saranno state otto a dir poco, e una emerse così vicino che con tre bracciate avrei potuto arrivare a toccarle la testa d’ebano. Sollevandosi e respirando forte attraversarono la baia, e io nuotai con loro, osservando affascinato come affioravano alla superficie increspando l’acqua, inalavano un gran respiro, e poi tornavano a immergersi, lasciando in quel punto solo un cerchio di spuma che si allargava»

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