Dunque, se già in quanto androide la creazione di Talo da parte di Zeus è qualcosa di assai significativo nella storia della cultura, ancora di più lo è nella sua funzione di robot guerriero: perché, nei destini del mondo, una formidabile “macchina da guerra” ha un ruolo e un peso ben diverso che non un danzatore, un cantante, un maggiordomo o un flautista. Con Talo si entra di diritto nell’ala dell’immaginario umano che darà vita a creature come l’ebraico Golem, il Nexus 6 di Blade Runner o, appunto, Robocop.
E non ci meraviglia più di tanto constatare che, mentre sono assai rare le tracce letterarie e iconografiche lasciate da questo monstrum nel mondo antico, la sua fortuna stia invece conoscendo una specie di boom nel nostro mondo dei videogiochi, delle saghe fantasy, dei fumetti e dei deliri Pokemon
(Con una menzione speciale per The Talos Principle, videogioco a tinte filosofiche, in cui il robot umanoide protagonista attraversa la storia delle civiltà umane, livello dopo livello, cercando di risolvere enigmi di crescente difficoltà alla ricerca del senso ultimo dell’esistenza).
Ma già che siamo entrati a gamba tesa nell’attualità, non posso non tornare al vero motivo della meraviglia provata davanti al testo di Kerényi: cioè il fatto che questo mostro scagliasassi sarebbe stato creato proprio in difesa della bella Europa. Perché – per motivi non certo logici e razionali ma del tutto emotivi, lo so – non ho potuto fare a meno di rivedere in quella frase le tormentose immagini degli immigrati sui barconi che, a migliaia, a costo della vita stessa, cercano nell’approdo in Europa la speranza di un nuovo inizio.
Oggi l’arduo compito che, nel mito, fu di Talo è assegnato dalla UE alla Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, in sostituzione della precedente Frontex. Fra i suoi compiti statutari, l’agenzia ha anche quello di una legittima difesa rispetto “alle sfide alle frontiere esterne dovute all’immigrazione illegale o alla criminalità transfrontaliera”; e a questo fine è inevitabilmente previsto il braccio armato e inflessibile di una struttura di tipo militare.
Ma non c’è dubbio che, nella terribile crisi migratoria in atto, talvolta le immagini diffuse dagli organi di informazione suggeriscano l’impressione di un disumano rifiuto di donne, uomini e bambini ridotti alla disperazione. E molto peggio è quando questa impressione non si ricava sul fronte di un’emergenza, oggettivamente difficile da gestire, ma è proposta nei vari parlamenti delle nazioni, come consapevole ideale della politica dei muri innalzati fra le genti: perché, assicurando qualche diritto di proprietà, condanna però gli europei a una società disumana, di uomini di bronzo, come quella evocata implicitamente in Blade Runner e in modo molto più esplicito in Matrix e in molti altri scenari della storia della fantascienza.
E forse proprio per questo, fra i tanti nomi mitologici scelti prima da Frontex e poi dall’Agenzia per indicare le proprie attività sul campo – Heracles, Zeus, Triton, Hera, Agelaus, Argonauts … – quello di Talo non compare, essendo evidentemente sentito come non troppo simpatetico, né fortunato.
Questo sarei portato a leggere – emotivamente – fra le righe del mito di Talo. Che però dice, in modo più diretto ed esplicito, anche un’altra cosa interessante.
Torniamo, infatti, a Kerényi:
«Tutto il suo corpo era di metallo e aveva un solo punto vulnerabile, un malleolo o una venuzza che dal collo arrivava fino al malleolo ed era chiusa da un nodo di metallo.»
Con questa premessa, sappiamo già che la storia di Talo non poteva avere un happy end — anche se poi manca certezza sui dettagli della sua fine. Nelle Argonautiche, Apollonio Rodio narra che la creatura fu prima ipnotizzata e resa inoffensiva dalle arti magiche di Medea e poi colpita nel punto mortale da una freccia di Peante. Altre tradizioni raccontano invece la sua morte in altri modi. Di certo c’è che, alla prova dei fatti, la soluzione di adottare la forza bruta e disumana per difendere un bene prezioso (Europa/Creta) non si rivelò vincente.
L’episodio certo spettacolare della sua morte, comunque, se è poco narrato nelle fonti letterarie, ha però ispirato un capolavoro assoluto della storia dell’arte: il vaso di produzione apula del cosiddetto Pittore di Talos.
Non solo, infatti, la fattura è magnifica ma tutta la situazione è incredibilmente commovente se si pensa che questa atmosfera da ’deposizione del Cristo’ è dedicata a un robot, a un androide. Il pittore, cioè, superando la barriera di alcuni millenni, ci sta spingendo a domandarci: cosa prova un androide (creato da Zeus) quando muore? A cosa si deve il suo dolore così evidente – e quello di chi lo sta sorreggendo? Che cosa ha scoperto di tanto meraviglioso nella vita, che giustifichi questo dolore nel lasciarla?
A guardarla bene, insomma, questa sola immagine pare avere in sé tutto il tragico plot che rende la morte di Roy – l’ultimo dei Nexus 6 – in Blade Runner una delle sequenze più belle della storia del cinema.
Termino ricordando che un accenno al mito di Talo si rinviene anche nel corpus platonico – più precisamente nel Minosse, dedicato al concetto di legge. Anche se questo dialogo è ritenuto spurio da molti studiosi, l’interpretazione è così originale che vale la pena ricordarla. Talo non sarebbe stato un gigante né tanto meno un robot: il bronzo di cui consisteva la sua forza era in realtà solo la legge che amministrava per conto del re Minosse:
“…girava tre volte l’anno di villaggio in villaggio per salvaguardare le leggi che teneva scritte su tavolette di bronzo: per questo fu soprannominato “bronzeo”.
Dunque – repetita iuvant – la vera forza stava nella legge stessa, nel riuscire a farla conoscere e rispettare da tutti.
Interpretazione sorprendente e geniale, di certo, ma abbastanza idealistica ed utopica – davvero degna, insomma, di quel politico grandioso nelle idee ma tradito dalla realtà che sappiamo essere stato Platone.
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