C’è tutta un’ala del nostro Museo Immaginario (una delle più suggestive) in cui, al di là delle opere d’arte e degli stili, il vero protagonista è uno soltanto: il Tempo e il suo inesorabile trascorrere, con le tante e differenziate reazioni che suscita in chi lo percepisce. Qui, accanto al Frammento 24 e ai Decapitati, aggiungiamo adesso un’opera di Wislawa Szymborska ispirata a un torso di antica statua greca e davvero esemplare su questo particolare sentimento del tempo.
Per la grande poetessa polacca, in effetti, l’arte antica e antichissima fu spesso fonte di ispirazione: tant’è che il Museo immaginario vanta già la sua firma nella Sala della Magna mater.
«Con l’aiuto degli uomini e di altri elementi
il tempo si è dato un gran da fare intorno a lei.
Dapprima l’ha privata del naso, poi dei genitali,
quindi delle dita di mani e piedi,
col passare degli anni di un braccio e poi dell’altro,
della coscia destra e di quella sinistra,
di dorso e fianchi, di testa e natiche,
e quei pezzi li riduceva in
calcinacci, ghiaia, sabbia.Quando muore così qualcuno vivo,
molto sangue sgorga ad ogni colpo.Le statue di marmo tuttavia muoiono in bianco
e non sempre del tutto.Della statua in questione si è conservato il busto
ed è come un respiro trattenuto nello sforzo,
poiché adesso deve
attirare
a sé
tutta la grazia e la gravità
di quanto si è perduto.E questo gli riesce,
questo ancora gli riesce,
riesce e affascina,
affascina e dura.Anche il tempo qui merita una menzione di lode,
poiché ha smesso di lavorare
e ha lasciato qualcosa per dopo»Wislawa Szymborska (da Due punti)