Gesti e pensieri kafkiani nel compleanno di questo autore tanto amato (1883-1924)
- Guardo e riguardo questa che è forse la sua foto più famosa. Non è incredibile e sconvolgente che dietro questo ragazzetto fragile, ordinato, sorridente si nasconda il gigante che ha sconvolto la letteratura del Novecento e ancora è capace di sconvolgerci se apriamo le pagine de Il processo o della Metamorfosi?
Come può un’anima tanto grande accomodarsi nel corpo di una persona normale?
Anche se la sua grandezza, pur sotto un’apparenza così dimessa e mite, non doveva affatto sfuggire a quanti — dotati di intelligenza e sensibilità — lo incontrarono anche fugacemente. Come leggiamo in “Un amico di Kafka”, di I. B. Singer:
«Quando recitavamo a Praga nel 1911 e nessuno aveva mai sentito parlare di Kafka, lui venne dietro le quinte e appena lo vidi capii che mi trovavo in presenza di un genio. Ne sentivo l’odore» (trad. Katia Bagnoli)
2. Apro la pagina della Treccani on line alla voce “kafkiano agg.”:
«Che richiama l’atmosfera tipica dei racconti di Kafka, e quindi inquieto, angoscioso, desolante, o paradossale, allucinante, assurdo: situazioni kafkiane»
3. Rileggo uno degli incipit più fulminanti della storia della letteratura:
«Destandosi un mattino da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò tramutato, nel suo letto, in un enorme insetto. Se ne stava disteso sulla schiena, dura come una corazza, e per poco che alzasse la testa poteva vedersi il ventre abbrunito e convesso, solcato da nervature arcuate sul quale si reggeva a stento la coperta, ormai prossima a scivolare completamente a terra. Sotto i suoi occhi annaspavano impotenti le sue molte zampette, di una sottigliezza desolante se raffrontate alla sua corporatura abituale»
(da “La Metamorfosi“, 1915, )
4. Da buon classicista cerco, nell’opera omonima di Ovidio, la metamorfosi che più si avvicina a quella, terribile, di Gregor. Non c’è dubbio: è quella di Aracne che, essendo bravissima a tessere e filare ebbe l’ardire di sfidare in quest’arte la stessa Atena. Come prevedibile però, tutto finì a schifìo: la ragazza decisi di impiccarsi e la dea, mossa a pietà, la trasformò in un ragno
«La poveretta non lo tollerò, e corse impavida a infilare il collo in un cappio. vedendola pendere, Pallade ne ebbe compassione e la sorresse, dicendo così:” Vivi pure, ma penzola, malvagia, e perché tu non stia tranquilla per il futuro, la stessa pena sia comminata alla tua stirpe e a tutti i tuoi discendenti!”. Detto questo, prima di andarsene la spruzzò di succhi di erbe infernali, e subito al contatti del terribile filtro i capelli scivolarono via, e con esso il naso a gli orecchi; e la testa diventa piccolissima, e tutto il corpo d’altronde s’impicciolisce. Ai fianchi rimangono attaccate esili dita che fanno da zampe. Tutto il resto è pancia. ma da questa Aracne riemette del filo e torna a rifare –ragno- le tele come una volta»
(Ovidio, Le Metamorfosi, trad. di P. Bernardini Marzolla)»
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