“la distesi fra i fiori in boccio” (Archiloco)

Allora abbracciando la fanciulla
la distesi fra i fiori in boccio
e l’avvolsi nel tenero mantello
sollevandole il collo con il braccio
— lei che per paura tremava
come cerbiatto.
Quindi con le mani accarezzai
il suo seno e dove la pelle tenera
m’abbagliava, con l’incanto della giovinezza.
Palpandole tutto il bel corpo allora
sul suo biondo pelo
lasciai venire la mia bianca forza.

Il più lungo e scandaloso testo di Archiloco — il celebre “Epodo di Colonia” — è uno fra i più preziosi regali della papirologia alle nostre conoscenze del mondo antico. Il papiro su cui venne trascritto, infatti, a un certo momento della sua storia (I/II sec. d.C.) tornò utile per preparare una mummia egizia. E lì, dunque, venne prima scoperto, poi tradotto e infine edito non prima del 1974.
Il testo, purtroppo, oltre ad essere frammentario è tutt’altro che privo di lacune (soprattutto a inizio e fine versi). Il che ci lascia con non pochi dubbi su singoli punti del testo: non certo, però, sul suo significato complessivo; né sul fatto che, nell’antologia della letteratura erotica, rappresenti uno dei fiori più belli.

Ecco il greco

ος]αῦτ’ ἐφώνεον· παρθένον δ’ ἐν ἄνθε[σιν
τηλ]εθάεσσι λαβὼν
‹›ἔκλινα, μαλθακῆι δ̣[έ μιν
χλαί]νηι καλύψας, αὐχέν’ ἀγκάληις ἔχω[ν,
δεί]μ̣ατι π..[.].μ̣έ̣ν̣ην
‹›τὼς ὥστε νέβρ̣[
μαζ]ῶν τε χ̣ερσὶν ἠπίως ἐφηψάμη̣ν
ἧιπε]ρ̣ ἔφην̣ε νέον
‹›ἥβης ἐπήλυ̣σις χρόα̣·
ἅπαν τ]ε̣ σῶμ̣α καλὸν ἀμφαφώμενος
λευκ]ὸν ἀφῆκα μένος
‹›ξανθῆς ἐπιψαύ[ων τριχός.

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