Alla ricerca dell’invisibile: storia dell’archeologa che portò alla luce Gournià

Uno dei capitoli più interessanti del libro che Giovanna Bandini ha dedicato ad alcune pioniere dell’archeologia al femminile nell’Egeo (ne ho già parlato qui, a proposito di Margherita Guarducci) è il terzo, in cui si ricostruisce il ruolo storico e il personaggio di una coraggiosissima americana: Harriet Boyd (1871-1945).

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Harriet Boyd

Ad incuriosire, in effetti, basterebbero le prime parole del capitolo:
«Il 12 aprile del 1900 per la prima volta una donna approda all’isola di Creta con l’intenzione di aprirvi “uno scavo tutto per sè”»
“Uno scavo tutto per sé”, ci pensate?!
Una donna, poi, e per giunta americana! E poi proprio a Creta, nel giardino archeologico di gente come Lord Evans e altri accademici di ferro dell’Europa che conta: inglesi, appunto, e poi francesi e italiani.
Davvero lo sbarco di questa donna su Creta (una che, per intenderci, qualche anno prima era stata vista aggirarsi per le vie di Atene in sella a un velocipede…) dovette sconvolgere tanto gli uomini del posto che i colleghi archeologi non molto meno che l’arrivo di un marziano.
Harriet, però, non doveva essere tipo da lasciarsi scoraggiare facilmente — ce lo dice anche il suo sguardo nella foto. Così cerca contatti, cerca fondi, cerca informazioni per attuare l’idea che ha ben chiara in mente. Fin quando quel suo progetto ambizioso, se non folle (“uno scavo tutto per sè”) conosce la prima svolta positiva nel momento in cui Lord Evans in persona lo appoggia. Con il benestare di un tale nume, infatti, le cose iniziano a girare e certe porte iniziano ad aprirsi. Ed è qui che comincia l’avventura – davvero avvicinabile a quella che generazioni di registi hanno narrato ricostruendo la conquista del Far West. Perché Creta è grande, grandissima, per trovarvi a colpo sicuro un sito di pochi ettari; anche se si è pronti a giurare che da qualche parte esiste; anche se qualche vecchio del luogo, portanto un reperto, assicura sui propri avi di sapere dove scavare.

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Dopo tanti dubbi e incertezze, la scelta ricade su Kavousi, località non lontana dal meraviglioso Golfo di Mirabello. Lì, Harriet pone il campo e inizia ricerche destinate a durare per mesi. E qui ci sarebbero molte cose da raccontare, quanto ad avventure scientifiche ed umane. La cosa, però, che più mi ha colpito leggendo è quella che, in fondo, si può considerare la più banale: la ricerca dell’invisibile da parte di questa donna forte e ostinata; la sua fede in qualcosa che, a lungo, era esistito solo dentro se stessa – nelle sue ricerche, certo, ma anche nei suoi sentimenti. Una cosa da don Chischiotte, insomma, come la stessa Harriet confessa nelle sue memorie. Sentite qua, per esempio:
«… giravamo a cavallo da un capo all’altro per la pianura di Kavousi e le vicine alture costiere, cercando insediamenti dell’Età del Bronzo che io ero convinta dovessero esserci, in quelle pianure vicino al mare. Era un lavoro scoraggiante perché i miei occhi vedevano subito mura e sommità di tombe “ad alveare” in ogni mucchio di pietre buttate a caso, e troppe volte un rigonfiamento del terreno che da lontano sembrava proprio un sito d’altura miceneo, si rivelava poi essere tutta roccia»
Harriet, però, non è una che si scoraggia facilmente, l’abbiamo detto: continua a cercare, a collezionare ritrovamenti, consigli, e indizi vari restituiti dal terreno. E viene premiata un anno dopo, quando decide di concentrare le ricerche sulla località di Gournia:
«Un uomo dopo l’altro ci chiamava a vedere cocci di ceramica, frammenti di vasi di pietra e altro che aveva messo da parte per la nostra ispezione. Forse il più orgoglioso era l’uomo che aveva portato allo scoperto una strada pavimentata, la soglia di una casa e una piccola grondaia d’argilla. Tutto indicava un insediamento preistorico di una certa importanza …»

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Sito archeologico di Gournià

«Nel giro di tre giorni avevamo aperto case e seguito la via lastricata e avevamo nelle nostre mani abbastanza vasi e frammenti con polipi, foglie d’edera, doppie asce e altri disegni inconfondibilmenti minoici …»

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Fu così che il 20 maggio 2001, dalla località di Candia, potè partire qusto telegramma diretto alla American Exploration Society, ma che presto avrebbero ricevuto tutti gli studiosi del mondo antico, in tutto il mondo:
«Scopertà Gournià, sito miceneo, strade, case, ceramica, bronzi, vasi di pietra»

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