Caproni incontra Catullo

Atque in perpetuum, frater

Quanto inverno, quanta
neve ho attraversato, Piero,
per venirti a trovare.

               Cosa mi ha accolto?

                                   Il gelo
della tua morte, e tutta
tutta quella neve bianca
di febbraio – il nero
della tua fossa.

                              Ho anch’io
detto le mie preghiere
di rito.

                                Ma solo,
Piero, per dirti addio
e addio per sempre, io
che in te avevo il solo e il vero
amico, fratello mio.

 
La poesia figura nella raccolta di Giorgio Caproni “Il franco cacciatore”, pubblicata nel 1982 — anche se risulta scritta pochi anni prima, nel 1978. Al di là dell’esplicita allusione del titolo, il debito artistico nei confronti del celebre carmen 101 di Catullo non potrebbe essere più chiaro.  Ecco dunque il modello latino, nella traduzione di Quasimodo

Dopo aver traversato terre e mari,
eccomi, con queste povere offerte agli dei sotterranei,
estremo dono di morte per te, fratello,
a dire vane parole alle tue ceneri mute,
perché te, proprio te, la sorte m’ ha portato via,
infelice fratello, strappato a me così crudelmente.

Ma ora, così come sono, accetta queste offerte
bagnate di molto pianto fraterno:
le porto seguendo l’antica usanza degli avi,
come dolente dono agli dei sotterranei.
E ti saluto per sempre, fratello, addio!

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