Ho ritrovato dei racconti che dovevano confluire in La ragazza che divenne pesce (e altri miti di metamorfosi) (Mursia 2014) e che però non vi trovarono posto. Uno prendeva spunto dal famoso numero di magia con cui Circe trasformò in animali i compagni di Odisseo. E inizia così:
«Tutti sanno che Odisseo, sballottato da flutti marini e volontà divine, approdò un giorno nell’isola della potente maga Circe, figlia del dio Elio. E sanno anche che, giunto nel suo palazzo, vide i compagni miseramente trasformati in maiali, leoni, cani, pavoni e altro ancora, lui stesso scampando per un soffio a quella sorte. Quello che però nessuno sa è che, anni dopo, tornò a bussare a quella porta: come se la lezione non gli fosse bastata.
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Un giorno, mentre allenavo alcuni numeri del mio repertorio (smaterializzazione, volo, telepatia, meteorologia e simili) m’accorgo che i cani, i leoni, e gli altri animali nel giardino s’agitavano stranamente:
«Mh … ficcanaso in arrivo»
Capirete che, per una come me, la privacy è a dir poco essenziale. Sono davvero pochissimi quelli cui concedo biglietto da visita e indirizzo:
Circe la Divina
Incanta, trasforma, fa il bello e il cattivo tempo e prevede il futuro
Palazzo del Sole (Isola di Eeta)
Fatto sta che, con sospetto, mi affaccio alla porta e … indovinate un po’ chi vedo al cancello?
«Circe Divina! Ti ricordi di me?»
«Odisseo, vecchio lupo di mare!»
«Sei meravigliosa come sempre! Il tempo per te davvero non esiste»
Lui invece era un po’ invecchiato, ma restava pur sempre affascinante, per essere un mortale:
«Già, caro Odisseo, quanti anni sono passati dall’ultima volta?»
«Almeno una decina, se non vado errato»
«E in tutto questo tempo nemmeno una cartolina!»
Così entriamo in casa, ci sediamo nel salotto a evocare — fra un bicchiere di ouzo e qualche stuzzichino — i vecchi tempi e gli amici comuni:
«Bei tempi!»
«Bei tempi davvero»
Di punto in bianco però il sorriso gli scivola via dal volto:
«In verità, splendida Circe, non sono qui per una visita di cortesia»
«Conosco i miei polli, piè veloce, e l’ho capito non appena ti ho visto alla porta»
«Veramente “piè veloce” era Achille …»
«Oh già… pace all’anima sua! Stavi dicendo?»
«Sono venuto per un progetto che potrebbe riservare parecchie soddisfazioni»
Oh sì, era qualcosa di grandioso e innovativo!
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«L’idea nasce proprio dalla nostalgia di quei tempi passati! In certi momenti era diventata insopportabile e dovevo a tutti i costi porvi rimedio»
«Te lo dicevo io, che la vita sedentaria a Itaca con tutte le comodità e la tua bella mogliettina ti sarebbe venuta a noia, prima o poi!»
«L’ammetto. Fatto sta che, in questi anni, mi sono scervellato per trovare come sfidare nuovamente mari in tempesta, affrontare altri mostri, provare l’emozione di magici incontri (come con te) senza però allontanarmi da Penelope e, soprattutto, senza rischiare ogni volta la vita»
«Forse chiedi troppo, piè veloce… ehm, astutissimo Odisseo»
«E invece, pensa che ti ripensa, alla fine l’idea giusta mi è venuta»
Con uno sguardo furbo, dalla sacca da viaggio estrasse una pergamena, che srotolò sul tavolo fra piattini e bicchieri.
«E questo, cosa sarebbe?»
Non avevo mai visto nulla di simile! Sulla mappa di Itaca erano rappresentate creature fantastiche e mostri con sotto dei nomi: “La grotta di Polifemo”, “La discesa negli Inferi”, “Il labirinto dell’amore” … Notai anche, al centro, il mio nome, con a fianco un grande punto di domanda.
«Ti presento “Le avventure di Odisseo”, il primo parco tematico della storia!»
«”Parco tematico”?! E di cosa mai si tratta?»
«Vedi, Circe, le emozioni di cui ti dicevo, vorrei tanto che tutti potessero provarle e farne tesoro, però in sicurezza, senza affrontare i pericoli (e i costi) di viaggi tanto lunghi e lontani. Così ho convocato al mio palazzo i migliori inventori e architetti e insieme abbiamo progettato macchine sceniche in grado di ricreare i luoghi, la dinamica e, soprattutto, le emozioni delle mie più grandi avventure …»
«Geniale, Odisseo! Prevedo un successo di portata mondiale per il tuo … come hai detto che si chiama?»
«Parco tematico. Grazie davvero, splendida Circe!»
Poi, abbassando un po’ il tono della voce, l’astutissimo continuò:
«Senza contare che si potrebbe anche fare un bel mucchio di soldi»
«Ma quale sarebbe, di preciso, il mio ruolo in tutto questo, Odisseo?»
Naturalmente prevedevo già la risposta, ma volevo sentirla da lui.
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«Oh, è semplice, Circe: dovrai solo replicare l’incredibile numero che eseguisti il giorno del nostro primo incontro!»
«Fammi pensare … era il numero della metamorfosi, vero? Sì, ricordo, trasformai i tuoi compagni in maiali, vero?»
«Oh, non maiali soltanto: cani, leoni, pavoni, cavallette … Che talento, che classe! Quando entrai nel tuo palazzo, ovunque vedevo animali che si comportavano in modo strano e mi guardavano con occhi che ero sicuro di avere già visto da da qualche parte …»

«Un numero di grande effetto, devo pur ammetterlo»
«E poco ci mancò che anch’io non facessi la loro stessa fine»
«Già! Non puoi immaginare il mio stupore nell’accorgermi che, su di te, le mie arti non aveva effetto»
«Solo perché Hermes mi avevano messo in guardia e consegnato l’antidoto»
«Il sacro moly …»
«Esatto! A proposito, divina Circe: c’è una domanda che da tempo desidero rivolgerti»
«Dimmi»
«In quale animale mi avresti trasformato, se il moly non mi avesse protetto?»
«Bella domanda! Per uno come te, avrei dovuto inventarmelo l’animale! Pensavo a un mix di leone e volpe»
«”Mix”?!»
«Ah già, non farci caso Odisseo, è più forte di me: ogni tanto mi scappa qualche parola da linguaggi futuri di cui neanch’io conosco la provenienza … Ma torniamo agli affari: ammesso che accetti, quando inaugurerebbe, questo parco?»
«Qui viene il bello: è già tutto pronto e non aspetta che te!»
Ah, che mente quell’Odisseo!
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Così, pochi giorni dopo (il tempo di chiudere casa), con un volo al tramonto atterrai ad Itaca. Come era diversa dai miei ricordi! “Le avventure di Odisseo” stava trasformando quell’isola silenziosa e poco frequentata in una delle mete più ricercate del Mediterraneo. Ad ogni ora attraccavano imbarcazioni straboccanti di turisti; ovunque erano sorti alberghi che offrivano pacchetti all inclusive per il soggiorno e l’ingresso al Parco e taverne fast food dove era possibile mangiare un boccone prima di lanciarsi nelle avventure dell’Odissea. Decisi di andare subito al Parco, senza nemmeno lasciare i bagagli nell’appartamento extra lusso che Odisseo mi aveva riservato. Mi bastò prolungare di una decina di minuti il volo, sorvolando le lunghe file di cavalli e carri che già si stavano formando sulla via, e fui là.
Il percorso consigliato partiva da “La tempesta perfetta”, un water coaster che offriva al pubblico le emozioni dei viaggi di Odisseo in mari ignoti e delle tempeste e dei naufragi che tante volte l’avevano tenuto in bilico fra vita e morte. Si passava così attraverso cascate con paurose pendenze, spettacolari fontane, acque paludose e invece onde alte come montagne create artificialmente grazie a pompe idrauliche e altri macchinari: il pubblico, a bordo di speciali imbarcazioni, in questo modo riviveva le tempeste scatenate da Poseidon e dal dio dei venti, Eolo, i vortici mostruosi di Scilla e Cariddi ma anche la bonaccia in cui risuonava il canto mortale delle Sirene.

La seconda tappa era meno movimentata ma non meno emozionante: una vera e propria dark-ride chiamata “Nella grotta di Polifemo”. Qui il pubblico finiva rinchiuso a tu per tutto con un gigante antropofago provvisto di un occhio solo in mezzo alla fronte: in un’atmosfera carica di suspence, ad ogni momento si correva il rischio di essere sollevati in aria e trasformati in spuntino per Ciclopi. (Comprensibilmente, il momento in cui Odisseo li salvava tutti, riportandoli alla luce del sole, era sempre salutato da un urlo di gioia altissimo, che echeggiava in ogni angolo del Parco).

Fiore all’occhiello era però l’attrazione “Viaggio agli Inferi”, ispirata a uno dei momenti più “dark”delle avventure del re di Itaca. Si trattava, in questo caso, di un sapiente mix fra montagne russe e dark-ride. Una corsa mozzafiato su carrelli lanciati dentro tunnel sotterranei veniva infatti rallentata in alcuni punti per permettere l’incontro con le più mostrose creature dell’Oltretomba. Così, fra mille schizzi d’acqua (sempre molto graditi nei mesi caldi) i passeggeri attraversavano il fiume Stige sfuggendo al controllo del divino Traghettatore, Caronte: da quel momento ogni curva celava l’incontro con terribili mostri o schifosi zombies mentre da dietro Cerbero, il cane con tre teste, non smetteva di inseguirli.
Altre attrazioni erano sparse qui è là all’interno del Parco: “Labirinto d’amore”, per esempio, o “Tiro all’arco sul Pretendente”, per citare le prime che mi vengono in mente.
Favoloso, non si potevano usare altri termini! Eppure — come Odisseo aveva intuito — lì dentro mancava ancora qualcosa: un tocco di magia e mistero che io soltanto avrei potuto dare. Già prevedevo che, in breve, sarei diventata la regina di quel Parco.
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E difatti, poche settimane dopo, la coda più lunga stazionava proprio davanti al mio tendone:
«Mai visto nulla di simile!»
«Circe è unica»
«Rischioso, eh, ma ne vale la pena»
«Un’esperienza indimenticabile»
Ecco come funzionava.

Un breve tunnel conduceva il pubblico in platea, illuminata da piccole fiammelle disposte sulla volta come stelle nella notte. Dopo pochi istanti, la musica di flauti e cembali e un intenso odore di incenso avvolgeva gli spettatori. Quindi il palco s’illuminava a giorno e io entravo in scena su un carro dorato, trainato da leoni e pantere. Lasciavo che lo stupore di quell’apparizione lavorasse nei cuori degli spettatori; quindi scendevo in platea, seguita da due assistenti e iniziavo a scegliere fra il pubblico tredici, ehm, volontari. E mentre la musica aumentava di ritmo e volume — contribuendo a creare in sala una tensione che si tagliava con il coltello — I prescelti si allineavano sul palco in attesa del mistero da cui prendeva nome il mio show: “Metamorfosi”. Quindi distribuivo ai Tredici un potente intruglio d’erbe magiche da bere, sussurrando loro queste semplici parole:
«Circe legge i pensieri e il cuore. Circe vede chi sei davvero»
Infine coprivo i loro occhi con una mano e, con una formula magica (che non posso naturalmente trascrivere) operavo la loro trasformazione:
«Tu non sei una donna: sei una tigre coraggiosa e forte»
Ed ecco che una tigre, ruggendo selvaggiamente, andava su e giù per il palco!
Oppure:
«Tu non sei un vero uomo, ma un coniglio»
Ed ecco un grasso coniglio iniziava a saltellare qui e là terrorizzato.
E ancora:
«Tu sei vaga e volubile come una nuvola»
«Tu sei cieco alla verità come una talpa»
«Tu sei resistente e generosa come un ulivo»
«Tu sei puro di cuore come acqua fresca»
E il rituale continuava:
«Lupo!»
«Cicala!»
«Asino»
«Pietra!»
«Gallina!»
La metamorfosi in sé durava poco (diversamente si sarebbe andati incontro a complicazioni serie). Ma era qualcosa che nessuno di loro avrebbe mai più dimenticato. Alla fine, un attimo prima che la tensione degenerasse in panico, ordinavo ai miei assistenti di richiamare sul palco lupi, cicale, nuvole, acqua corrente … E con un solo gesto, ecco tutti riprendevano la loro forma iniziale.
E scrosciava un applauso che, ancora adesso, sento risuonarmi dentro.
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Inutile dire che il premio “Attrazione dell’anno” mi ha fatto piacere; e ho molto apprezzato la motivazione fornita da Odisseo e dagli altri giudici, soprattutto là dove recita:
« … perché oltre a stupire e divertire, il numero di Circe, ci invita a riflettere su noi stessi, sulla nostra vera natura, ma anche sul mondo che ci circonda …»
Se tuttavia non fosse ancora chiaro perché “Metamorfosi!” attira il pubblico anche più di dark ride e coaster, allora merita dare un’occhiata alla posta da cui, quotidianamente, sono sommersa: ammiratori che mi supplicano di sposarli, mogli che chiedono consigli per trasformare almeno un po’ i loro mariti, ladri che chiedono qualche consiglio per qualche colpo complesso … Quelle più interessanti, però, provengono da chi, dopo essere stato volontario nello spettacolo, ha cambiato vita, trovando la sua identità nascosta: i “trasformati”, come li chiamo io.
Poco fa, per esempio, mi hanno appena recapitato questa: ve la leggo.
«Non ti ricorderai di me, divina Circe, ma sento il bisogno ringraziarti dal profondo del cuore. Quella notte salii sul palco pieno di scetticismo e superbia: “I maghi sono tutti ciarlatani”, pensavo, “sanno solo approfittarsi delle debolezze umane”. Credevo di essere forte, e che nulla sfuggisse alla mia intelligenza. Ed ecco che, in quattro e quattr’otto, mi ritrovai a saltellare nel piccolo corpo di una cieca talpa. Per quei pochi minuti che dirà la tua magia (come devo chiamarla, splendida Circe?), nulla poi nella mia vita è stato più come prima: la mia autostima, i rapporti con i subalterni, con mia moglie e i figli, ma anche con il gatto di casa …
A lungo ho vissuto quel momento come un’umiliazione del mio mondo; a lungo, te lo confesso, ho sognato a occhi aperti la vendetta. Poi però, ho iniziato a “vedere le cose con occhi diversi”. In effetti è difficile da spiegare, ma dalla notte in cui mi trasformasti in talpa mi è diventato naturale non basarmi solo su quello che vedo — sulle apparenze. Ora mi viene facile andare al di là di quel senso spesso troppo superficiale e invece cercare, osservare e giudicare con gli occhi della mente, diciamo così, e con il cuore — almeno ci provo. Ma c’è di più! Dalla notte in cui divenni talpa, anche il mio rapporto con gli animali, con le piante e la terra e con l’acqua è completamente cambiato. E ora mi sembra di capire (e dunque di vivere) di più di loro. Molto di più. Insomma, Divina Circe, ora il mio mondo è diverso ed è molto migliore. Per questo, desideravo farti sapere che ti porterò sempre nel cuore. E a tutti quelli che incontrerò non esiterò a dire: andate a vedere “Metamorfosi”, della grande maga Circe»
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E comunque, poiché avviene spesso che, dopo un riconoscimento prestigioso, si senta il bisogno di levarsi qualche sassolino dalla scarpa, ora vorrei parlare di qualcosa che sopporto da troppo tempo e proprio non mi va giù.
“Grande maga”, mi si chiama nella lettera — l’avete sentito. Altre volte invece la gente mi definisce “incantratrice”, “fattucchiera”, “ammaliatrice”; mentre i miei numeri sono “trucchi”, “illusioni” o addirittura “inganni”. Da troppo tempo sopporto che si parli di me come una maga da baraccone — e dovrò sopportarlo ancora per secoli e secoli, lo so: è questo il punto, signore e signori, questo il sassolino da cavarsi! Di solito lascio le cose così come stanno (gli affari, del resto, vanno a gonfie vele). Ma oggi questo riconoscimento è un’ottima occasione per mettere qualche puntino sulle “i” e svelare la mia verità, una volta per tutte. Ebbene, Circe non è una “grande maga” né un’”abile fattucchiera”: Circe è la figlia del dio Elio e della Ninfa Perse, gentile pubblico! Nelle sue vene non scorre una sola goccia di sangue che non sia di natura divina: ragion per cui quelli che voi chiamate “trucchi” non sono che il bagliore di un mondo sovrumano, su cui solo eccezionalmente ai vostri occhi è concessa una sbirciatina. E dunque no, caro pubblico, non è un “trucco” se un uomo si trasforma in lupo o in scarafaggio o in quercia quando lo sfioro con le mie mani; non è una magia da quattro oboli se da quel momento il suo mondo e la sua anima cambiano, e per sempre. È solo l’opera di chi — avendo natura e conoscenze divine — sa che la materia dell’universo è la stessa, e anche la vita è una sola e la stessa, anche se poi prende mille forme diverse. Ed è questo lo spettacolo che ogni sera porto in scena. E se ancora non vi è chiaro, allora vi svelerò un altro meraviglioso segreto: vedete, gentile pubblico, nella mia isola, l’isola di Eeta e nel mio Palazzo … Ma, per Zeus, che cosa sono questi rumori? Sembra un terremoto o un vulcano in eruzione. E ora sta entrando Odisseo di corsa:
«Vieni divina circe: ho preparato una sorpresa per la Regina di questo parco»
Pecato per questa interruzione: vi racconterò un’altra volta il segreto di Eeta.
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«Niente male, eh, Divina Circe?»
Ancora una volta l’astutissimo Odisseo è riuscito a sorprendermi: è uno spettacolo di quelli che un giorno chiameranno “fuochi d’artificio”. Oh sì, sembrano alzarsi a centinaia di metri d’altezza per poi sbocciare nel cielo stellato come fiori di fuoco di mille colori: fiori, serpentelli, lance, meteore, cannoli, pioggia tremolante, pioggia scoppiettante, candele … La magia, anche in questo caso, è che ciascuno può vedere in questo spettacolo di luci e colori, ogni forma e, dunque, creare il suo mondo lassù, vicino al fuoco eterno delle stelle. Ed è veramente una cosa meravigliosa, anch’essa destinata a un gran successo: lo prevedo!
«Grazie astutissimo Odisseo»
«Grazie a te, Circe Divina»
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