Il ‘sentimento di Roma’ secondo Hawthorne

«Diamo un fuggevole sguardo a tutte queste cose: a questo cielo luminoso, a quei lontani monti turchini, alle rovine etrusche romane, cristiane, alla raccolta di famosissime statue nella sala, con la speranza di mettere il lettore in quello stato d’animo che tanto spesso a Roma si prova. è un vago senso di ponderosi ricordi, la percezione così pesante e intensa d’una vita trascorsa, di cui questo luogo fu il centro, che il momento presente ne viene scacciato o compresso e le nostre faccende e interessi personali non sono qui che la parvenza di una realtà che altrove gli appartiene […]

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Hypnos e Arianna

Il Sonno (Hypnos), figlio della Notte, è fratello gemello della Morte (Thanatos), dicevano gi antichi — che in entrambi veneravano divinità potentissime. Le ragioni del gemellaggio erano molte, in molti casi ovvie e non solo antiche. Per esempio potrà essere capitato anche a noi di invocare il sonno come unico efficace rimedio a un grande dolore. Magari dopo una storia d’amore finita male. Di desiderarlo — più o meno consapevolmente — come “immago della fatal quiete”, sua gemella. Magari persino di forzarlo con il ricorso a sonniferi e psicofarmaci. Può essere capitato. E forse proprio una situazione di questo tipo ispira la scena — ricorrente nella ceramica antica — di Hypnos che pietosamente aleggia sul capo di Arianna, nell’attimo fatale in cui Teseo si alza dal suo letto e l’abbandona.

Al Sonno e alla sua alata gemella è dedicata la sala XXIV del nostro Museo Immaginario.

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Omero sulla spiaggia

«Ermes Cillenio chiamava fuori le anime dei Proci. Aveva la bella verga d’oro in mano, la verga con la quale incanta gli occhi degli uomini, a chi vuole: altri invece li risveglia anche dal sonno»
L’ora del tramonto sul mare di porpora, sotto il cielo che a poco a poco s’infuoca e s’insanguina, è perfetta per rileggere la scena di Hermes che conduce all’Ade le anime dei Proci, spietatamente sterminati da Odisseo — all’ inizio del ventiquattresimo canto. Da qui inizia un’altra discesa nel regno dei morti, seppure anche se meno nota della nekyia dell’undicesimo libro. 

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“Piantare in Asso” (o a Rangoon) la propria donna: “Il tango del vedovo” di Neruda

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La figura archetipica dell’uomo che, nel cuore della notte, stando attento a non fare rumore s’alza dal letto in cui la propria donna è sprofondata nel sonno, si veste, raggiunge la porta con le scarpe in mano, la apre come fosse un ladro, quindi se la chiude alle spalle per dileguarsi per sempre è degnamente rappresentata nella mitologia greca dall’eroe del labirinto e del Minotauro, l’ateniese Teseo.

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1. La nudità atletica (Cronache da Olimpia)

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A giudicare da fonti letterarie e archeologiche, nella Grecia antica gareggiare nudi era la norma. Anzi, l’equazione “sport” = “nudo” era così radicata nel mondo antico che la maggior parte delle lingue europee ne porta ancora evidenti tracce: “ginnastica”, infatti, e dunque “ginnico” etc… derivano dal greco “gymnós” che significa, appunto, “nudo”. (Anche “ginnasio”, naturalmente, ma ne sentiremo parlare sempre di meno, in futuro). Ora, la questione della nudità dell’atleta ha profonde implicazioni filosofico-culturali di cui ci occuperemo altrove (si dice così, no?). Qui mi interessano invece il suo mito di fondazione (cioè i racconti su chi fosse il primo a praticarla) e il possibile significato all’atto della performance sportiva.

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Odisseo, Circe e il primo parco divertimenti della storia

Ho ritrovato dei racconti che dovevano confluire in La ragazza che divenne pesce (e altri miti di metamorfosi) (Mursia 2014) e che però non vi trovarono posto. Uno prendeva spunto dal famoso numero di magia con cui Circe trasformò in animali i compagni di Odisseo. E inizia così:

«Tutti sanno che Odisseo, sballottato da flutti marini e volontà divine, approdò un giorno nell’isola della potente maga Circe, figlia del dio Elio. E sanno anche che, giunto nel suo palazzo, vide i compagni miseramente trasformati in maiali, leoni, cani, pavoni e altro ancora, lui stesso scampando per un soffio a quella sorte. Quello che però nessuno sa è che, anni dopo, tornò a bussare a quella porta: come se la lezione non gli fosse bastata. 

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Il cane di Santippo alla vigilia della battaglia di Salamina (e il terranova di Lord Byron)

Quando si parla del legame fra uomini e cani nel mondo antico, il pensiero va ineluttabilmente ai versi del canto XVII dell’Odissea: un vecchio cane un tempo bellissimo e forte ed ora accasciato sul letame, pieno di zecche e trascurato, scodinzola e guaisce riconoscendo il padrone tornato dopo vent’anni. E il padrone che, non potendo tradirsi nel riabbracciarlo, gli scivola via vicino, tergendosi una lacrima: Continua a leggere “Il cane di Santippo alla vigilia della battaglia di Salamina (e il terranova di Lord Byron)”

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