«Ermes Cillenio chiamava fuori le anime dei Proci. Aveva la bella verga d’oro in mano, la verga con la quale incanta gli occhi degli uomini, a chi vuole: altri invece li risveglia anche dal sonno»
L’ora del tramonto sul mare di porpora, sotto il cielo che a poco a poco s’infuoca e s’insanguina, è perfetta per rileggere la scena di Hermes che conduce all’Ade le anime dei Proci, spietatamente sterminati da Odisseo — all’ inizio del ventiquattresimo canto. Da qui inizia un’altra discesa nel regno dei morti, seppure anche se meno nota della nekyia dell’undicesimo libro.
Il fiume Scamandro scatena la sua violenza contro il tracotante Achille (Iliade XXI)
Gli antichi Greci — come molto altre culture ‘primitive’ — personificavano sorgenti, corsi d’acqua e fiumi: cioè attribuivano loro un nome, un volto, un comportamento, persino una voce e, all’occasione, dei discorsi. Considerata la loro importanza negli equilibri della natura e per la vita umana, anzi, arrivavano anche a venerarli, tributando loro un culto vero e proprio. Continua a leggere “Il fiume Scamandro scatena la sua violenza contro il tracotante Achille (Iliade XXI)”