Nell’Aprile del 1957 Lalla Romano salpava da Brindisi per un viaggio di due settimane in Grecia, le cui impressioni sarebbero state rielaborate, due anni dopo, in un breve “Diario di Grecia”. La scrittrice visita i luoghi canonici del circuito ’touristico’ e il 21 alle ore 14:00, dopo la visita ad Eleusi, si fa trovare all’appuntamento con uno dei posti notoriamente più suggestivi di tutta la Grecia: capo Sunio. Quale turista, in effetti, qui non ha scattato una foto-cartolina di questo orizzonte mozzafiato? Ma le cartoline, si sa, rischiano di essere tutte uguali. Anzi, nell’attimo stesso in cui ne abbiamo una fra le mani, inconsapevolmente la nostra attenzione scema e tutto rischia di confondersi nell’usurato cliché di un bel mare al tramonto. Per questo mi ha colpito, invece, questa pagina del diario della Romano. Forse per la particolare stagione o per chissà quale altro motivo personale, qui l’incantevole bellezza del mare, del cielo, del tempio un tempo splendido e ora in rovine acquista una sfumatura diversa: si fa più oscura ed “ossessionante” e, proprio per questo, ancora più profonda.
«è l’ora pomeridiana, ora per me del sopore e di una vaga paura; forse il primo è il rimedio alla seconda. Così almeno è stato per me fin dall’infanzia: che è ribelle, nei più, alle carcerazioni e ai riposi, come è insensibile, forse, al fascino del demone e al suo sgomento.
Corriamo sotto il sole a picco quasi fuggendo da esso, lungo un mare di una bellezza ossessionante. Sponde di luce, isole azzurre, scogliere lucenti, brevi spiagge falcate, deserte. Tanta bellezza non vince del tutto in me il torpore, si allea con esso trasportandomi sveglia in un sonno, come Dante che con il suo peso di carne si aggirò nei regni dell’anima. Difatti il corpo è greve, e sento che farebbe un’ombra nera in questo mondo di luce. Su queste rive dorate, afferrato da simili schiume bianchissime fu travolto Ippolito.
Ma questa bellezza, come una lucida sfera, respinge ogni aggiunta, nemmeno il mito sopporta, nella sua pienezza; rifiuta ogni altro sogno, rapimento, essa stessa senza storia e figure, senz’altro ritmo che questo seguito delle scogliere e delle rade.
Finché si profila, erto, il promontorio, il colle selvaggio con le sottili colonne sulla cima, esili, bianche»
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