Il ‘sentimento di Roma’ secondo Hawthorne

«Diamo un fuggevole sguardo a tutte queste cose: a questo cielo luminoso, a quei lontani monti turchini, alle rovine etrusche romane, cristiane, alla raccolta di famosissime statue nella sala, con la speranza di mettere il lettore in quello stato d’animo che tanto spesso a Roma si prova. è un vago senso di ponderosi ricordi, la percezione così pesante e intensa d’una vita trascorsa, di cui questo luogo fu il centro, che il momento presente ne viene scacciato o compresso e le nostre faccende e interessi personali non sono qui che la parvenza di una realtà che altrove gli appartiene […]

Paragonato all’imponenza del passato di Roma, tutto ciò che facciamo o sognamo oggigiorno diventa evanescente e chimerico. Potrebbe darsi che le quattro persone, alla cui presentazione siamo impegnati, fossero conscia di questa inconsistenza del presente, se posto al confronto con i blocchi quadrati di granito con cui i romani costruirono le loro vite. Fors’anche contribuiva alla fantasiosa allegria che proprio in quel momento ne determinava l’umore. Quando ci troviamo sul punto di svanire nell’ombra e nell’irrealtà, sembra inutile l’esser tristi ma conviene piuttosto ridere, quanto più allegri possibile, senza stare tanto a cercarne le ragioni»

Nel 1858 per Nathaniel Hawthorne è il momento del Gran Tour italiano. Spende il periodo estivo a Firenze e quello invernale a Roma, ricevendo da questa esperienza un’impressione fortissima che alimenta l’opera ambientata, appunto, fra queste due città: “Il fauno di marmo”, pubblicato per la prima volta nel 1860.

Il romanzo (che ebbe discreta fortuna anche cinematografica e televisiva) è stato efficacemente descritto come un “baedeker di alta classe” su Roma e il suo mito, capace di proporre al lettore, oltre alle intricate storie sentimentali dei protagonisti , anche «un’affascinate allegoria, in cui il sovraccarico di reperti romani antichi (più che contemporanei) sembra musealmente studiato» (Caterina Ricciardi, qui); e risulta dunque di enorme interesse per gli amanti dell’antichità interessati alla percezione dell’antico in epoca moderna.

Fra le tante opere antiche responsabili del “sovraccarico museale” in questione la più importante è quella da cui la vicenda prende il titolo: cioè il Satiro a riposo di Prassitele, ora ai Musei Capitolini .

Nel diario che lo scrittore teneva, alla data 30 Aprile 1858, possiamo leggere le notazioni che, probabilmente, rappresentarono l’idea germinale dell’opera:

«Mi torna sempre alla mente l’idea di scrivere un breve romanzo (…). La figura del fauno porta con sé l’idea di una natura amabile e sensuale, semplice e allegra, incline allo scherzo, eppure non immune dal pathos. Il fauno non ha principi, tuttavia è sincero e onesto in virtù della sua semplicità; è capacissimo di affetto e potrebbe venire affinato nei sentimenti».

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